1996 – SI IMPONE L’ENCICLICA DI LUCIANO MONNET – DORINO GUSMEROLI, DANIELE IVOL E… LE SPILLE MALEDETTE – IL RITORNO DI TREVES E MORELLO.

Lo storico pronunciamento, dalle alture di Prarostino, di Luciano Monnet si diffuse in cielo, in terra ed in ogni luogo: “Individuale è una semplice Corsa in Montagna, a coppie è la Tre Rifugi!”.

Il numero dei fedeli all’assunto monnetiano crebbe a dismisura arrivando a minacciare digiuni di massa e moti di piazza. La somma enunciazione scosse il mondo della Marcia Alpina divenuta, da poco, Corsa in Montagna rinfocolando ricordi e nostalgie legati all’ “era meglio quando si stava peggio”. L’onda nostalgica travolse il Cai Uget Val Pellice e lo stesso Comitato organizzatore che andarono entrambi a Canossa per tornare contriti e pentiti a riproporre, nella edizione del venticinquennale, la Tre Rifugi nella storica versione originale “per coppie di atleti”.

Ripartì, fin dai pranzi tradizionali legati alle festività natalizie, l’oramai desueta ricerca del socio confrontando minuti al km, capacità ascensionali e discensionali e stabilendo range cronometrici di riferimento compatibili. Gli storici protagonisti dei tempi andati avevano perso smalto e credibilità e le loro performance appartenevano, oramai, all’albo dei ricordi. Occorreva puntare sulle nuove leve, sulla carta forti ma inesperte nel tenere il passo giusto per Barant e Manzol (Ahi!).

Alcune scelte si limitarono alla famiglia o ai parenti più stretti contando sulla “pietas” parentale nel caso di default singolo o di coppia altri esplorarono l’intero mondo dei Faticatori dell’Inutile alla ricerca dell’exploit con conseguente inserimento nel prestigioso Albo d’Oro.

La decisione venne assunta senza voti contrari o astenuti; la moria di iscritti dell’ultima edizione richiedeva una scelta coraggiosa: il 28 luglio 1996 la Tre Rifugi sarebbe tornata all’originale “Marcia Alpina per coppie di atleti, a passo libero”!

***

Basinatto, si chiama il suo angolo di paradiso situato nei pressi della Sacra di San Michele all’esordio della Valle di Susa. Dorino Gusmeroli non voleva tenere tutto per se quel ben di Dio e decise di farne anche sede di una gara perché ne beneficiassero, sia pure per un giorno solo, gli amanti delle corse in natura. Agonismo e convivialità ed al vincitore, in aggiunta, un capretto vivo e vegeto! (Ma per quanto? N.d.r.).

L’inganno del tempo Dorino lo praticava andando alla ricerca di qualche albero, radice o tronco che fosse, al quale ridare vita con tagli e sculture sapienti fino ad arrivare al Michelangiolesco “Perché non parli?” all’indirizzo delle opere silenti ma solo nella voce.

La notizia del ritorno alle origini della Tre Rifugi risalì il monte Pirchiriano fino ai citati casolari sorprendendo l’artista Dorino intento nel fare emergere dal legno ancora grezzo un camoscio, una madonna piangente o una marmotta… Posò scalpello e martello e la nascente opera rimase sospesa sacrificata all’incombente necessità di individuare la figura adeguata a dare lustro a lui ed al Giò 22 Rivera che da anni lo ospitava tra le sue fila.

La Valle Susa offriva grandi possibilità per adeguati matrimoni sportivi a tempo determinato e nessuno avrebbe detto di no alla richiesta di Dorino. Luna Nuova, la Bibbia di Valle, aveva celebrato da poco le gesta di un atleta capace di stabilire il nuovo record di salita alla vetta del Rocciamelone: Daniele Ivol, chi meglio di lui?

L’incontro tra i due avvenne il mattino stesso dell’evento nei pressi della Ciabota: Dorino aveva atteso a lungo l’arrivo del socio che male aveva calcolato tempi e distanze per la salita mattutina alla Conca del Pra. Per fortuna il pettorale n. 64 concedeva un margine di respiro utile per calzare le scarpe, non certo per stretching e allunghi ne altri riti propiziatori.

Tutto si risolse in pochi attimi e la partenza fu trionfale ancorché nell’assoluta indifferenza dei Crin ‘d Puluc che non mostravano attenzione e tantomeno rispetto per il transito pimpante degli atleti inconsapevoli delle sofferenze future.

Fu all’attacco del sentiero, dopo appena 800 metri dalla partenza che la situazione precipitò e con essa i sogni di gloria: un affranto Daniele Ivol aveva prima rallentato e poi cessato definitivamente di correre sedendosi, incurante, su una incolpevole ciardoussa. Non era tanto la pungente verdura a procurargli fastidio ma un insistente dolore sotto la pianta del piede. Lo aveva già percepito nella pianura iniziale ma con l’appoggio dell’avampiede più pronunciato, utile ad aggredire le pendenze, il dolore si era fatto insopportabilmente lancinante!

La disperazione avvolse lo sguardo buono di Dorino: lunghe sedute di allenamento, diete, rinunce e quei pezzi di legno abbandonati in corso d’opera per inseguire il sogno… tutto questo per ritrovarsi affranto e disperato ad osservare l’immobile Daniele che annunciava il ritiro quando ancora la voce dello speaker scandiva pettorali e incoraggiamenti alla partenza delle ultime coppie.

Il conciliabolo non degenerò in rissa, stante il carattere bonario dei due atleti, ed un accordo venne raggiunto quando Daniele, contrito e sofferente, concesse a Dorino la possibilità di proseguire, sia pure in solitaria, l’avventura ripartendo alla volta del Colle Barant, la prima asperità di giornata. La corsa solitaria di Dorino prese vita recuperando posizioni su posizioni, ahimè inutilmente al fine della classifica finale.

Fu in alto, sul diagonale che conduce allo scollinamento che risuonò la voce di Daniele intento a inseguire, con passo vigoroso, il compagno abbandonato ai piedi del monte fino a raggiungerlo! Incredulo Dorino si interrogò sulla guarigione e ripresa, cercò una risposta nello sguardo del miracolato: non ottenne soddisfazione ma una risata liberatoria ricostruì la coppia n. 64.

L’arcano venne svelato nella meno faticosa discesa verso il Barbara: nell’infilare le scarpe a ridosso della partenza Daniele Ivol aveva dimenticato che una di loro (la destra n.d.r.) era depositaria di un certo numero di spille da balia che si fecero sentire nel momento in cui il sentiero prese a salire producendo un insopportabile dolore sulla pianta del piede. La comica scoperta avvenne ispezionando il piede quando tutto pareva compromesso. Riposizionata la scarpa, al netto delle spille, riprese a salire senza più dolori. Solo le terga risentivano degli aculei della selvaggia ciardoussa.

L’avventura si concluse con un insperato 9° posto impiegando, spille e ciardoussa comprese, 2.32’51”.

Ad assistere alle comiche valsusine erano presenti, 24 anni dopo il trionfo dell’esordio, Marco Treves e Marco Morello che onorarono, partecipando, i 25 anni della Tre Rifugi conclusa dopo 2 ore e 50 minuti di applausi da parte del riconoscente popolo degli amanti delle Inutili, splendide fatiche.

Carlo Degio

Link Consigliati

Logo Terres Monviso
Meteo Monviso